Corpo di Stato. Storia di un sacrificio moderno

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Corpo di Stato. Storia di un sacrificio moderno

Marco Baliani

Lunedì 14 gennaio, alle 17, nella Sala Conferenze del MANN, anteprima della terza stagione di Fuoriclassico. La contemporaneità ambigua dell’antico, la rassegna – prodotta dal MANN in collaborazione con le associazioni culturali A voce alta e Astrea. Sentimenti di giustizia – che quest’anno sarà interamente dedicata al tema del corpo. Si comincia con Corpo di Stato. Storia di un sacrificio moderno, una riflessione a tre voci su uno dei traumi più profondi della vita civile italiana: il caso Moro. Moderati da Gennaro Carillo, interverranno Miguel Gotor, storico e curatore di un’importante edizione commentata delle Lettere dalla prigionia di Moro, e Biagio de Giovanni, filosofo politico e testimone importante di quegli anni. Marco Baliani leggerà brani tratti dal disperato, e giocoforza ambiguo (perché sotto il controllo delle BR), epistolario di Moro.

Biagio De Giovanni

Miguel Gotor

L’intera vicenda del sequestro, della detenzione nella «prigione del popolo» e dell’esecuzione della sentenza di morte di Moro può essere letta anche come una eco sinistra di un tema tragico sul quale l’antichità rifletteva fin dai tempi dell’epos omerico: il sacrificio del singolo, della persona(per usare una parola cara a Moro), in nome di un valore più alto, il primato del vincolo politico su quello di sangue. È il destino di Ifigenia, figlia primogenita di Agamennone, sacrificata dal padre per placare l’ira di Artemide e propiziare la partenza delle navi achee alla volta di Troia. In Agamennone, i doveri dello strategos, del capo militare, prevalgono sull’amore paterno, con conseguenze tuttavia devastanti per la casa degli Atridi, sulla quale ricadrà il sangue della figlia sacrificata. Antigone, invece, capovolgerà questa gerarchia di valori e, pur di onorare il fratello morto, trasgredirà il divieto di sepoltura imposto dal capo politico. Dopo la morte di Moro, il suo corpo fu rivendicatodalla famiglia e sottratto a quello Stato che aveva deciso per la linea della fermezza: i funerali ‘di Stato’ furono celebrati senza il feretro, dunque senza il corpo della vittima sacrificale. E quell’assenza fu il segno indelebile ed eloquentissimo di una scissione radicale, tra comunità politica e comunità familiare, mai più ricomposta.